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La Cina, unico impero sopra vissuto ai tre imperi storici Roma, Persia e appunto Cina, ha le idee molto chiare sulla geo-strategicità della logistica e delle vie di comunicazione, anche perché pianifica su orizzonti ventennali.
La prima globalizzazione , quella inglese della regina Vittoria, si articolò su mare e ferrovie, e oggi la ferrovia ritorna come innervazione dell’impero cinese, la globalizzazione che viene da Est.
L’Europa ha fatto ridere con i suoi TEN mai finiti peraltro, qui si investono 900 miliardi in infrastrutture ferroviarie ad alta velocità, che hanno già portato al primo collegamento Pechino –Londra, 12000 km in due settimane, meno di metà dei tempi della via marittima, anche se per quantità ridotte.
La strategia OBOR, one belt-one road, è la nuova linea guida di Pechino nell’espansione dei propri commerci verso Asia Centrale ed Europa, per cui logicamente scrivevamo quasi trent’anni fa che le infrastrutture in Italia le faranno i cinesi se noi non siamo in grado.
Si tratta di un network di ferrovie superveloci che coprono già le direttrici principali Nord-Sud in Cina e che si spingono verso il Caspio attraversando il Kazakhstan per migliaia di km per congiungersi ai network russi e centroeuropei. Mentre la Russia cerca di velocizzare la transiberiana dell’800, per offrire gli stessi servizi, la Cina ha sviluppato più a Sud per linee parallele nuove infrastrutture sia ferroviarie che stradali che attraversano i Paesi ex CIS del centro Asia. Nel prossimo maggio un grande convegno a Pechino rilancerà questo grande disegno ispirato ai concetti romani e persiani di controllo di un impero attraverso le infrastrutture. Ma non basta, con l’acquisto di diversi terminali portuali nel mondo, il network cinese è anche intermodale e nel caso del Pireo di Atene si progetta una linea ferroviaria da Belgrado a Budapest ad alta velocità, tre ore di percorrenza contro le sei attuali, rendendo la penisola balcanica competitiva con la nostra penisola come porta Sud d’Europa, sempre discussa mai realizzata con i nostri porti.
Infatti la one belt fa riferimento alle nuove via della seta verso Europa, mentre one road è rivolta al sud est asiatico ed è marittima.
La concezione strategica è molto chiara e fa a pezzi le infinite diatribe europee sul tema e i nostri pettegolezzi no-TAV. La linea più avanzata europea doveva essere la Lione- Kiev, impantanata al Frejus e in Slovenia, arriveranno ai grandi terminali intermodali di Budapest i treni cinesi dal Caspio e dal Pireo. L’Italia propone i suoi porti come terminali di queste nuove via della seta, al solito con vent’anni di ritardo. La UE sta cercando di bloccare la linea Belgrado-Budapest con regolamentazioni su appalti europei.
Il disegno geo-strategico della Cina si sta completando col nuovo canale di Panama raddoppiato e con un possibile progetto di taglio più a Nord. I terminali logistici del Nord Africa e il raddoppio parziale di Suez facilitano la penetrazione cinese in Africa dove sono state costruite intere città nuove. La contesa sulle isole Spratley apre il controllo alla via degli stretti malesi, che potrebbero strozzare i traffici marittimi cinesi.
E’ chiaro che i trasporti ferroviari non coinvolgono quantità enormi, ma la ferrovia è veicolo di cultura e civilizzazione, e di sviluppo per molti paesi asiatici attraversati. Mark Twain in un suo breve viaggio in Italia si meravigliava dell’imponenza delle nostre stazioni in un Paese così povero, lo stesso si può dire delle stupende stazioni zariste della transiberiana, veri monumenti e centri di ritrovo a Irkutsk come a Novosibirsk, come a Krasnojarsk, come a Kazan.
La Cina porta le sue insegne imperiali, i suoi modelli culturali con i grandi investimenti infrastrutturali che hanno sulle popolazioni ben altra forza simbolica di Coca Cola e Mc Donald. Infatti anche la nuova America della supertecnologia rilancia con Hyperloop (Elon Musk) un radicale cambiamento nelle reti e nelle velocità di trasporto, che a sua volta polverizza i sistemi precedenti e che vedrà al di là dei tratti sperimentali in California l’inizio di realizzazioni in Europa centrale. E a sua volta il segnale di rilancio di un altro impero attraverso la logistica.
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